Presso qualunque ufficio dell’Agenzia delle Entrate di può compiere la registrazione di un contratto di comodato d’uso di un immobile dove il proprietario dell’immobile presenta richiesta di registrazione dell’atto e l’ufficio restituisce firmate e timbrate le copie degli atti registrati.

Allo sportello dell’Agenzia delle Entrate bisogna:

  1. Produrre due copie con firma originale dell’atto da registrare, una per l’Ufficio Registro e l’altra per il proprietario, al comodante va una semplice copia senza
  2. Effettuare il versamento dell’imposta di registro pari a € 200,00., tramite modello F23, Il codice tributo da indicare è
  3. Presso qualsiasi Agenzia delle Entrate compilare il Modello 69 e relativo alla richiesta di registrazione.
  4. Ogni 100 righe su ogni copia degli atti da registrare porre una marca da bollo da € 16,00, le marche da bollo non devono portare una data successiva alla data della stipula del contratto di comodato.
  5. Portare le fotocopie delle carte d’identità del comandante e del comodatario, copie degli atti da registrare, le marche da bollo, il Modello 69 compilato e la copia del modello F23 attestante il versamento dell’imposta di registro.

Il contratto di comodato d’uso, insieme al mutuo, è un contratto con il quale una parte (detta comodante) consegna all’altra (detta comodatario) una cosa mobile o immobile, affinché se ne serva per un tempo o per un uso determinato, con obbligo di restituire la stessa cosa ricevuta. Il comodato è essenzialmente gratuito -­‐ se fosse corrisposto un pagamento, si tratterebbe di normale “locazione” e può essere, in linea generale, contrattualizzato in forma verbale o scritta. Per gli immobili il contratto di comodato va stipulato e registrato in forma scritta presso qualsiasi ufficio dell’Agenzia delle Entrate entro 20 giorni dalla data in cui è stato sottoscritto, come indicato nel D.P.R. 131/86, art. 5, del Testo Unico Imposte di Registro (T.U.I.R). Nel contratto, il comodatario deve dichiarare di aver preso visione dell’attestato di prestazione energetica (l’APE), che può anche non essere allegato.

I soggetti implicati nel contratto sono due; il comodante, cioè colui che da in comodato il bene e che dispone del godimento dello stesso: può essere il proprietario, l’usufruttuario, ecc.; e il comodatario, cioè colui che riceve temporaneamente il bene, che lo conserva e lo custodisce con la diligenza del buon padre di famiglia, che ne fa l’uso convenuto e al termine convenuto lo restituisce.

Il comodatario non non può cedere ad altri il diritto di godere del bene, senza esplicito consenso del proprietario, in caso contrario sarà costretto al risarcimento dei danni e a restituire il bene (se il proprietario lo richiede).

Se nel contratto non è espressamente indicata la scadenza, il comodatario è tenuto a restituire il bene non appena il comodante lo richieda.

Le spese sostenute per servirsi del bene sono a carico del comodatario ma ha diritto ad un rimborso nel caso in cui il comodatario debba sostenere spese straordinarie, necessarie e urgenti per la conservazione del bene. Non risponde il comodatario al deterioramento dovuto per l’uso del bene per cui è stato consegnato;  se il bene in comodato ha vizi e difetti tali da recare danno a chi se ne serve, il comodante è tenuto al risarcimento nel caso in cui, pur a conoscenza di tali vizi, non ne abbia avvertito il comodatario.

Il comodatario è un detentore del bene immobile, è titolare di un diritto personale di godimento e non di un diritto di proprietà quindi è escluso dal pagamento delle imposte municipali/statali sulla proprietà  (IMU-­‐IRPEF).

Spetta al comodatario, il pagamento della TARI (tassa sui rifiuti) in quanto è il soggetto che occupa l’immobile. Varia in base alla superficie calpestabile dell’immobile e quindi è opportuno eseguire le misurazioni in modo corretto.

Invece, per i contratti di durata superiore a 6 mesi, la TASI va divisa tra comodante e comodatario. Il comodatario versa fra il 10 e il 30% dell’imposta (nella misura stabilita dal comune nel regolamento) e può variare nel caso di abitazione principale. Se il Comune non decreta la divisione tra proprietario e inquilino, quest’ultimo deve pagare il 10% dell’ammontare complessivo.

Nel caso in cui una delle due parti non dovesse pagare, l’altro non risponde.

Il proprietario che concede ad un figlio (o ad un genitore) un’abitazione non di lusso ha diritto, limitatamente ai comuni dove vengono recepite, alle agevolazioni dell’imposta municipale propria (IMU). Sono esclusi gli immobili di lusso ed eventuali eccezioni stabilite dai Comuni.

Sono previste delle agevolazioni dell’imposta municipale propria (IMU) nelle abitazioni concesse in comodato gratuito a parenti in linea retta (genitori-­‐figli) e utilizzate come abitazione principale (si intende la residenza anagrafica ed effettiva dimora). Il limite è di 1 unità immobiliare ad uso abitazione e le relative pertinenze (cantine, soffitte, box, anche queste al massimo di una unità immobiliare per tipo di pertinenza). Sono esclusi dalle agevolazioni gli immobili di lusso (categorie catastali A/1 — A/8 — A/9) i comodati d’uso di abitazioni tra fratelli — sorelle e zio/nonni — nipoti ed eventuali eccezioni stabilite dai Comuni.

L’agevolazione è prevista dalla Legge del 28 Ottobre 2013 n.124 che ha modificato l’articolo 2 del

 

Decreto Legge 31 Agosto 2013 n. 102 a cui ha aggiunto l’articolo 2 bis (applicazione dell’IMU alle unità immobiliari concesse in comodato a parenti).

Il contratto di atto a canone concordato è una particolare forma di contratto di locazione, riguarda le abitazioni di proprietà dei privati concesse in locazione a privati, studenti e cooperative/enti senza scopi di lucro e prevede una durata:

– per le abitazioni di 3 anni più altri 2 o 3

– per gli studenti universitari da 6 mesi a 3 anni

-­ per i contratti transitori da 1 a 18 mesi

Il contratto di locazione a canone concordato si distingue dall’affitto a canone libero perché il canone non può superare un massimo stabilito da accordi territoriali tra le principali Organizzazioni dei proprietari e degli inquilini. Riguarda i contratti ad uso abitativo, transitorio o per gli studenti universitari.

I contratti di locazione a canone concordato si possono applicare comuni a carenze di disponibilità abitative:

  • nei comuni con carenze di disponibilità abitative (Bari, Bologna, Catania, Firenze, Genova, Milano, Napoli, Palermo, Roma, Torino e Venezia e dei comuni confinanti con gli stessi nonché gli altri comuni capoluogo di provincia)
  • nei comuni ad alta tensione abitativa, individuati dal Cipe del 13 novembre 2003, n. 87/03.

La registrazione di tutti i contratti di locazione e affitto di beni immobili devono essere obbligatoriamente registrati dal conduttore (proprietario) o dal conduttore (affittuario) qualunque sia l’ammontare del canone pattuito. L’unico caso in cui non c’è l’obbligo di registrazione è relativo ai contratti che non superano i 30 giorni complessivi nell’anno.

La registrazione dei contratti di locazione deve essere effettuata entro 30 giorni dalla data di stipula o dalla sua decorrenza (se anteriore); per le locazioni fra privati di immobili abitativi, locati a uso abitativo, c’è anche la possibilità di optare per un regime facoltativo: la cedolare secca.

Con l’entrata in vigore della legge sulla cedolare secca, sia il proprietario che l’affittuario possono registrare il contratto presso l’Agenzia delle Entrate e chiedere al giudice una riduzione dell’affitto per un totale pari a tre volte la rendita catastale. Per il proprietario non dichiarare il canone di affitto è diventato molto sconveniente.

Sono  previste  delle  specifiche  sanzioni  per  la  registrazione  con  importo  più  basso  rispetto    al reale e l’omessa registrazione del contratto di affitto.

L’imposta di registro è pari al 2% del canone annuo e di solito è a carico, in parti uguali, di entrambi i contraenti.

La cedolare secca sugli affitti è un regime facoltativo, previsto dall’articolo 3 del decreto legislativo 23/2011 e si applica sui contratti di locazione degli immobili ad uso abitativo e le relative pertinenze. Sostituisce la tassazione ordinaria, cioè sostituisce l’Irpef e le imposte di registro e di bollo.

Per i contratti sotto cedolare secca non andranno pagate l’imposta di registro e l’imposta di bollo, ordinariamente dovute per registrazioni, risoluzioni e proroghe dei contratti di locazione. La cedolare secca non sostituisce l’imposta di registro per la cessione del contratto di locazione.

La scelta per la cedolare secca implica la rinuncia alla facoltà di chiedere, per tutta la durata dell’opzione, l’aggiornamento del canone di locazione, anche se è previsto nel contratto, inclusa la variazione accertata dall’Istat dell’indice nazionale dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e impiegati dell’anno precedente.

Possono scegliere per il regime della cedolare secca le persone fisiche titolari del diritto di proprietà o del diritto reale di godimento dell’immobile (ad esempio usufrutto), che non locano l’immobile nell’esercizio di attività di impresa o di arti e professioni.

La cedolare secca può essere esercitata per unità immobiliari destinati ad usi abitativi appartenenti alle categorie catastali da A1 a A11 (esclusa l’A10 -­‐ uffici o studi privati).

Non possono accedere al regime della cedolare secca gli enti commerciali, le società di capitali e non commerciali, le società di persone, oltre ai soggetti che procedono alla locazione di immobili ad uso abitativo nell’esercizio dell’attività di impresa o di arti e professioni.

Una vota che il proprietario (locatore) ha deciso di avvalersi del nuovo regime, deve darne comunicazione all’ affittuario (conduttore) in cui dichiara di rinunciare all’aggiornamento/aumento ISTAT del canone. (con una raccomandata con ricevuta di ritorno)

L’opzione va esercitata in sede di registrazione del contratto di locazione e comporta l’applicazione delle regole della cedolare secca per l’intera durata del contratto (o della proroga), salvo revoca da parte del locatore.

In caso di proroga del contra/o, anche tacita, l’opzione deve essere esercitata entro 30 giorni dal momento della proroga.

Nei casi in cui l’opzione sia esercitata nelle annualità successive alla prima, la revoca deve essere effettuata entro 30 giorni dalla scadenza dell’annualità precedente e comporta il versamento dell’imposta di registro, eventualmente dovuta.

Per gli affitti a prezzo di mercato l’imposta sostitutiva si calcola applicando un’aliquota del 21% sul canone di locazione annuo stabilito dalle parti

che non può essere inferiore alla rendita catastale.

Inoltre è prevista un’aliquota ridotta per i contratti di locazione a canone concordato relativi ad abitazioni ubicate:

  • nei comuni con carenze di disponibilità abitative (Bari, Bologna, Catania, Firenze, Genova, Milano, Napoli, Palermo, Roma, Torino e Venezia e dei comuni confinanti con gli stessi nonché gli altri comuni capoluogo di provincia)
  • nei comuni ad alta tensione abitativa (individuati dal Cipe).

Dal 2013 l’aliquota per questi contratti è pari al 15% ridotta per il quadriennio 2014-­‐2017 al 10% come previsto dal Piano Casa 2014.

I vantaggi della cedolare secca è stato segnato con l’incremento dell’Irpef, per gli affitti di mercato deve essere calcolata sul 95% del canone e non più sull’85%; per gli affitti concordati sul 66,5% e non più sul 59,5%.

Un punto a sfavore per i proprietari di casa sono l’impossibilità di aumentare l’affitto e/o l’aggiornamento Istat e di usufruire delle detrazioni fiscali. Il reddito assoggettato a cedolare secca è escluso dal reddito complessivo per il calcolo dell’Irpef e delle addizionali per la parte derivante dal reddito fondiario, quindi va considerato nel computo del redditto in base al quale si determinano le detrazioni.